Pro e contro della Cannabis irradiata, i canadesi preferiscono fiori non trattati

Per capire che cosa accada alla Cannabis una volta irradiata, bisogna innanzitutto conoscere i motivi e le implicazioni dell’esposizione dei viventi, in particolare dei prodotti alimentari, ai raggi gamma.

L’irraggiamento degli alimenti è un processo di cui non si sente mai parlare, eppure bisognerebbe conoscerlo un po’ meglio, visto che ci riguarda molto da vicino. Le radiazioni nucleari sono entrate nel mercato alimentare europeo negli anni 50 del novecento, nella Germania occidentale. Negli Stati Uniti si è ricorsi per la prima volta all’irraggiamento negli anni 20, sugli hamburger destinati ai militari, con l’obiettivo di farli durare nel tempo senza che marcissero. Questo metodo fu largamente criticato in America prima e in Europa poi, a causa del pericolo a cui sono esposti gli addetti ai lavori e alla totale mancanza di studi sugli effetti del consumo prolungato di tali alimenti, così trattati, sulla salute umana.

Ufficialmente, questo trattamento, voluto dal Codex Alimentarius, mira a distruggere i batteri e a ritardare il deperimento della frutta e della verdura. Gli alimenti più comunemente irradiati sono: patate, cipolle, aglio per bloccarne la germinazione; alcuni frutti tropicali (es. ananas e banane) per ritardarne la maturazione; cereali, riso, alcuni frutti e alcune verdure per eliminare insetti ed altri parassiti; fragole per ritardarne la marcescenza; carne bovina, pollame, pesce per eliminare i microrganismi patogeni.

Il trattamento, approvato per circa 60 alimenti, prevede la radiazione tramite onde elettromagnetiche ionizzanti, provenienti dagli isotopi radioattivi Cobalto 60 (radiazione gamma con un’energia di 1,3 MeV ) e, più raramente, Cesio 137 (radiazione gamma con un’energia di 0,66 MeV). Oppure con radiazione X di alta energia (10 MeV). Un altro tipo di trattamento avviene con fasci di elettroni accelerati con energia di 5 MeV.

Capita spesso di essere convinti che ciò che stiamo per comprare o mangiare siano alimenti crudi (frutta, verdura), cioè completi di tutti i loro nutrienti. In realtà potrebbero aver subito un trattamento a base di radiazioni ionizzanti, definito comunemente pastorizzazione a freddo. Il risultato finale della pastorizzazione a freddo, ovvero dell’irraggiamento, è la trasformazione di un alimento vivo in un alimento morto. In alcuni casi, si può capire se un prodotto alimentare è stato trattato in questo modo oppure no, ma in altri è quasi impossibile risalire alla verità. Questa lacuna è grave, perché non viene quasi mai riportato sulle etichette ed il consumatore, di fatto, non sa che cosa sta per comperare.

Sul sito del Ministero della Salute si legge: “In Italia è previsto un uso come antigermogliante per patate, aglio e cipolla, mentre in altri Paesi (Belgio, Olanda, Francia, Regno Unito, Polonia e Repubblica Ceca) esistono anche usi su frutta, ortaggi, cereali, carni di pollo, prodotti ittici, ecc.
Il prodotto trattato, anche qualora presente come ingrediente, deve riportare la dicitura “irradiato” o “trattato con radiazioni ionizzanti”, che deve figurare: sui contenitori o sulle confezioni e sui documenti che accompagnano i prodotti alimentari irradiati o che contengono ingredienti irradiati”. Ma, come già accennato, è molto raro trovare questa dicitura sulle etichette, così risulta molto facile che alimenti irradiati si trovino sugli scaffali dei supermercati italiani: l’Italia esporta molto cibo ma ne importa altrettanto.

L’irraggiamento, tramite raggi gamma, espone il cibo all’equivalente di circa 30 milioni radiografie toraciche. L’effetto principale che si ottiene sulle molecole è rappresentato dalla ionizzazione, con la conseguente eccitazione delle molecole. A questo punto, chi ha studiato un po’ di chimica, può ben comprendere come la ionizzazione porti a situazioni atomiche e molecolari altamente instabili e a non ben definibili trasformazioni chimiche, inclusi processi radiolitici.

Come conseguenza principale delle ionizzazioni indotte dall’irradiazione primaria, vengono emessi elettroni secondari che provocano ulteriori ionizzazioni ed eccitazioni molecolari, in una reazione a catena. Qualcuno potrebbe obiettare che, in presenza di un elevato contenuto di acqua, la vita di questi radicali liberi sia breve.

COSA SONO I RADICALI LIBERI?

I radicali liberi sono sottoprodotti naturali dei processi chimici, come ad esempio il metabolismo delle cellule del nostro corpo. Ma ormai si trovano ovunque: le sostanze che generano i radicali liberi si possono trovare nel cibo che mangiamo, nei farmaci che assumiamo, nell’aria che respiriamo e nell’acqua che beviamo. Queste sostanze includono i cibi fritti, l’alcool, il fumo di tabacco, i pesticidi e gli inquinanti atmosferici.

«Fondamentalmente, ritengo che i radicali liberi siano da considerarsi come prodotti di scarto delle varie reazioni chimiche che avvengono nelle cellule quando crescono, questi prodotti danneggiano le altre cellule del corpo», scrive Lauri Wright professore presso il dipartimento della salute della University of South Florida.

“I radicali liberi favoriscono l’insorgere delle malattie umane, come ad esempio il cancro, l’aterosclerosi, l’Alzheimer, il morbo di Parkinson e molti altri. Inoltre è stato riconosciuto il collegamento tra i radicali liberi e l‘invecchiamento, definito come un graduale accumulo dei danni provocati dai radicali liberi”.

LA IONIZZAZIONE PROVOCA LA FORMAZIONE DEI RADICALI LIBERI.

Secondo la Rice University (Houston, Texas) nel momento in cui si formano i radicali liberi può verificarsi una reazione a catena. Il primo radicale libero cattura un elettrone da una molecola facendola destabilizzare e trasformandola in un radicale libero. Tale molecola, a sua volta, cattura un elettrone da un’altra molecola, destabilizzandola e la trasformando anch’essa in un radicale libero: questo effetto domino può arrivare a danneggiare l’intera cellula.

Secondo la Harvard School of Public Health, la reazione a catena dei radicali liberi può portare alla rottura delle membrane cellulari e ad alterare ciò che entra ed esce dalla cellula.

In alimenti secchi come, ad esempio, noci e semi, ma anche i cereali (che in diverse nazioni vengono trattati con questo protocollo), la presenza dei radicali liberi dura fino al consumo dell’alimento.

Alcuni prodotti radiolitici sono note sostanze cancerogene come il benzene, formaldeide, lipidi perossidi presenti nella carne di manzo irradiata, altri ancora sono unici per il processo di irradiazione e nessuno sa quali effetti abbiano sulla salute umana.

Gli impianti di irradiazione, che negli ultimi anni sono spuntati come funghi, pongono serie minacce ambientali, ai lavoratori e alle comunità circostanti. Il trasporto di materiali nucleari alle strutture di irradiazione pone anche gravi rischi per la salute pubblica in generale (si sono già verificati alcuni incidenti in Georgia, dove falde acquifere sono state contaminate dai rifiuti radioattivi).

ODORI E SAPORI ALTERATI

Nel rapporto sui cibi irradiati dell’Istituto Superiore della Sanità italiano si legge: “Per quanto riguarda i caratteri organolettici, si manifestano variazioni di colore, odore, sapore e consistenza dovute essenzialmente alle trasformazioni indotte dalle radiazioni sui costituenti dell’alimento. I raggi gamma provocano reazioni di ossidazione e riduzione, polimerizzazioni con liberazione di acido solfidrico e formazione di vari solfuri organici, probabilmente derivati dal glutatione, responsabili di odori sgradevoli.”

CIBO “IMBALSAMATO”

Gli attivisti per le risorse bio e organiche definiscono gli alimenti irradiati come cibo morto. Secondo loro, in alcuni casi può essere facilmente riconoscibile tramite qualche accorgimento. Per le banane ad esempio, basta aprirle e guardare se la parte centrale della banana è di un colore diverso rispetto al resto: la zona in cui è presente il filamento centrale sembra cotta, il suo sapore è poco gradevole, sa quasi di muffa. Anche l’aglio trattato si può riconoscere: aprendolo, il germoglio è morto e l’odore dell’aglio è decisamente ripugnante.

La finalità dell’irraggiamento, non affatto tenuta nascosta dalle aziende produttrici, è quella di fare aumentare la durata degli alimenti sugli scaffali dei supermercati, favorendo produttori e distributori: chi ci rimette è sempre il consumatore.

Gli alimenti che sono stati esposti alle radiazioni ionizzanti sembrano freschi di giornata, ma non lo sono. Si può tranquillamente parlare di contraffazione. Inoltre, il cibo trattato non è nutriente perché privato di molte sostanze nutritive e vitamine: i grassi irradiati tendono ad irrancidire; le radiazioni rompono le pareti delle cellulari di molti esseri viventi, perciò si verifica una perdita considerevole di vitamine, anche fino all’80%. La beffa, oltre al danno, è che l’irraggiamento crea i radicali liberi dannosi e distrugge le vitamine antiossidanti necessarie per contrastarli.

LA CANNABIS TERAPEUTICA È TRATTATA COI RAGGI GAMMA.

Le più note aziende produttrici di Cannabis a scopo terapeutico, prima di imbarattolare il prodotto finito, ricorrono all’irraggiamento ai raggi gamma delle infiorescenze. Molti pazienti, soprattutto canadesi, si sono lamentati dell’odore sgradevole e soprattutto del sapore di tali fiori di Cannabis, sia da “freschi”, che una volta fumati o vaporizzati; tanti altri specificano che l’effetto della Cannabis trattata è nettamente diverso da quella non trattata e temono effetti indesiderati per la loro salute.

Le ricerche in merito ai pro e ai contro sul trattamento ai raggi gamma della Cannabis sono troppo poche, e un redattore canadese ha specificato anche “di parte”. L’unica ricerca “approfondita” condotta in merito è stata effettuata da Arno Hazekamp, all’epoca dipendente a tempo pieno di Bredocan®. Hazekamp ha analizzato quattro campioni di quattro varietà differenti di Cannabis prodotta da Bedrocan, appena prima e subito dopo essere stata irradiata. È arrivato alla conclusione che le proprietà principali della Cannabis, come contenuto di THC, CBD, acqua non risultino alterate. Alcuni terpeni, in particolar modo monoterpeni, sono come evaporati, in quanto non sono state rilevate tracce di altri sottoprodotti. La perdita di terpeni si è aggirata intorno al 10%, 20%, fino ad arrivare al 38%. Nonostante ciò, il “profilo terpenico” di ogni campione è risultato “perfettamente riconoscibile” dopo il trattamento ai raggi gamma.

Hazekamp è arrivato alla conclusione che secondo lui, fino a quando non saranno sviluppate nuove tecniche per decontaminare la Cannabis, il metodo più efficace e sicuro per rispettare gli standard governativi, imposti anche ai prodotti farmaceutici, in fatto di sterilizzazione resta l’irradiazione. Riconosce che tale tecnica risulti molto controversa e sia oggetto di malumori da parte dei pazienti e conclude lo studio scrivendo che le radiazioni potrebbero essere ridotte al minimo mettendo in pratica metodi di coltivazione ancora più controllati; per adesso, la Cannabis non può essere coltivata in ambienti completamente sterili.

Nella ricerca condotta, i campioni di riferimento sono stati analizzati non appena trattati ai raggi gamma. Per stabilire davvero quali molecole contengano effettivamente questi fiori, bisognerebbe ricorrere a delle analisi più approfondite e ripetute nel tempo sugli stessi campioni: come scritto sopra, i raggi gamma, possono essere in grado di rompere le pareti cellulari e sono responsabili della formazione di radicali liberi e di nuove molecole, non propriamente salutari.

Chiunque si trovi in mano una cima di Cannabis terapeutica, acquistata in farmacia, può constatare che si tratti di Cannabis ben diversa rispetto a quella che si può trovare facilmente nei coffeshop olandesi o nei club spagnoli, nonostante si vada a ricercare la stessa genetica di quella coltivata in ambienti protetti (GMP). La differenza sta proprio nel fatto che un fiore è essiccato ma è vivo, mentre uno, quello proveniente dagli stabilimenti, è inerme. Ciò significa che il metabolismo delle molecole presenti nei fiori è stato bloccato dai raggi gamma; inoltre sono andati persi dei terpeni che contribuiscono a rendere differente la Cannabis trattata da quella al naturale.

Perché si ricorre a questo processo se la Cannabis è destinata ad un uso medico?

A rigor di logica, se una persona sta male, avrà bisogno di assumere molte vitamine, acidi grassi essenziali, terpeni, flavonoidi e cannabinoidi per cercare di ristabilire la propria salute. Se il cibo che mangiamo è privo di sostanze nutritive e lo sono anche le erbe medicinali, come la Cannabis e le erbe officinali che troviamo in erboristeria, come si può stare davvero meglio?

«Gli antiossidanti sono sostanze naturali il cui compito è quello di mantenere pulito l’organismo dai radicali liberi. Proprio come le fibre aiutano a tenere pulito l’intestino, gli antiossidanti rimuovono i radicali liberi dalle cellule» sostiene Wright. Gli antiossidanti più conosciuti sono il beta-carotene ed altri carotenoidi, la luteina, il resveratrolo, la vitamina C, la vitamina E, il licopene e altri fitonutrienti”.

La Cannabis contiene molte sostanze antiossidanti, come il beta-carotene, una buona percentuale di vitamine, anche nelle cime essiccate, e moltissimi terpeni. Per stabilire quante di queste preziose molecole risultano alterate servono vari test di laboratorio, ma l’attenzione andrebbe riservata a quali prodotti di scarto producono l’alterazione delle medesime molecole, che nei campioni di Hazekamp risultano pressoché assenti, a parte in un campione dove è stato trovato del Beta-carotene ossidato.

Il nostro corpo produce alcuni antiossidanti per conto proprio ma in quantità insufficienti per contrastare gli ormai troppi radicali liberi coi quali viene in contatto tutti i giorni. Lo stress ossidativo si verifica quando c’è uno squilibrio tra i radicali liberi e gli antiossidanti (troppi radicali liberi e pochi antiossidanti).

Gli antiossidanti possono essere assunti dal nostro organismo attraverso la dieta. «Gli antiossidanti sono abbondanti in frutta e verdura, soprattutto nella frutta e nella verdura colorate. Ad esempio gli antiossidanti si possono trovare in: bacche, pomodori, broccoli, spinaci, frutta secca e tè verde» scrive Wright.

L’EFFETTO ENTOURAGE RENDE EFFICACE LA TERAPIA

Nonostante i principi attivo principali, il THC ed il CBD, non vengano alterati, o meglio, siano ancora presenti, ciò non significa che le infiorescenze trattate abbiano un valore terapeutico paragonabile ai fiori non trattati ai raggi gamma. Diversi studi hanno dimostrato come l’effetto entourage, cioè l’interazione tra più molecole come THC, CBD, terpeni e flavonoidi, sia il vero responsabile dell’efficacia terapeutica della Cannabis. Dando ciò per assodato, si può evincere che la Cannabis trattata ai raggi gamma possa risultare meno efficace rispetto a quella non trattata.

Perché allora la Cannabis viene irradiata?

I raggi gamma uccidono i batteri e le eventuali spore di muffa presenti nei fiori. La Cannabis così trattata può essere più sicura rispetto a piante non irradiate per quei pazienti immunodepressi che potrebbero avere reazioni avverse inalando spore di muffa, ad esempio.

Va però specificato che l’irraggiamento non uccide tutti i batteri. Inoltre, i raggi gamma non uccidono il batterio che provoca botulismo e neanche i virus, e non possono essere usati sui prodotti lattiero-caseari, che rappresentano una delle principali fonti di avvelenamento alimentare. Cosa più importante: il pensiero dominante, instillato dall’alto, ha radicato nell’accezione comune la convinzione che i batteri siano “cattivi” e responsabili di tutti i mali di questo mondo.

Per chiunque non abbia familiarità con la biologia, mi spiegherò in poche semplici righe per sfatare questo mito. L’organismo di una persona adulta sana è costituito da circa 30 mila miliardi di cellule e contiene circa 40 mila miliardi di batteri. Già da questi dati si può facilmente capire che noi esseri umani siamo “fatti” principalmente proprio da batteri. Questi ultimi, costituiscono il microbiota umano, indispensabile alla vita stessa del nostro organismo. Ogni squilibrio del microbiota umano è in grado di causare diverse patologie che possono essere da lievi a gravi, in base all’entità dello squilibrio.

Alcuni batteri che fanno parte del nostro microbiota presi singolarmente, ed in determinati contesti, possono rivelarsi pericolosi o letali. Molti di questi batteri convivono con la maggior parte di noi dalla nascita, e diventano pericolosi solo quando, per motivi di stress generale e relativo abbassamento delle difese immunitarie, proliferano.

Ogni singola reazione che avviene nel nostro organismo è coadiuvata da enzimi o da batteri: senza i batteri non saremmo in grado di digerire alcuni cibi che mangiamo, né di espellerli.

Siamo ancora sicuri che i batteri siano così cattivi? L’idea che il pensiero dominante ha instillato nelle nostre menti è che si debba dare la caccia al batterio, come il responsabile di quasi tutte le patologie, così come si debba combattere il migrante, responsabile dei mali dell’Italia, tanto per generalizzare.

Il benessere non si raggiunge con la completa distruzione dei batteri, bensì con il raggiungimento di una convivenza equilibrata tra le specie, e a questo equilibrio provvedono una corretta alimentazione annessa ad un buon stile di vita (no sedentarietà) e l’organismo stesso.

Il fatto che le radiazioni rompano in modo innaturale ed imprevedibile le macromolecole di un sistema biologico, interrompendo i processi biochimici in corso, è presentato come un fatto privo di conseguenze dalle aziende che usano la pastorizzazione a freddo.

Ma la domanda è: si conoscono le conseguenze per la persona che si ciberà di alimenti, o consumerà erbe officinali o Cannabis, le cui molecole sono state macellate dalle radiazioni, producendo cataboliti che, ammesso che esistano in natura, sono di certo molto rari, che probabilmente il sistema immunitario del malcapitato organismo non riconoscerà, e che sarà quindi costretto ad attaccare come corpi estranei?

LO STUDIO SUI BAMBINI E ANIMALI.

Nonostante l’FDA e l’EFSA dichiarino che non ci siano pericoli per la salute umana, sono emersi dati controversi da analisi in vitro e su animali, i quali, nutriti con cibo irradiato, hanno mostrato un incremento di malattie autoimmuni e di incidenza di tumori.

Nel 1973 sono stati condotti degli studi anche sugli esseri umani, oltre che su topi, ratti e scimmie. Il dottor Srikantia, biologo nutrizionista e professore all’università di Mysore in India e direttore dell’istituto nazionale della nutrizione in Hyderabad, India, condusse degli esperimenti sui bambini denutriti. Nutrì sia gli animali che i bambini con grano fresco di trattamento ai raggi gamma (entro 21 giorni dall’irraggiamento).

Durante lo studio, l’Istituto fece varie e nuove osservazioni importanti che furono pubblicate su diversi periodici scientifici. Il team del professor Srikantia scoprì che: i ratti e i topi che avevano aggiunto nella dieta grano fresco di radiazioni hanno subito un aumento della poliploidia (anormalità cromosomiche) nelle cellule del midollo osseo. Questo fatto fu osservato in separati e ripetuti  esperimenti. Le scimmie normali e i bambini denutriti, nutriti con un supplemento di grano appena irradiato, hanno mostrato alti  livelli di poliploidia (livelli molto al di fuori della norma) sui linfociti (globuli bianchi). Dopo aver eliminato il grano trattato dalla loro dieta, i livelli di poliploidia sono ritornati nella norma. I topi che seguivano una dieta principalmente a base di grano trattato hanno evidenziato delle mutazioni dominanti e letali, suggerite dal fatto che sono aumentate sensibilmente le morti prenatali. Quando il grano venne stoccato per almeno dodici settimane dopo l’irraggiamento, non si sono registrati particolari casi di aumento di poliploidia.

La poliploidia è associata alla rapidità di generare tessuti e al cancro maligno. La morte intrauterina dei topi suggerisce che il grano irradiato abbia prodotto dei cambiamenti indesiderati sulle capacità riproduttive. I risultati del professor Srikantia suggeriscono che, nonostante i metaboliti colpevoli delle mutazioni non siano stati reperibili nel grano trattato, siano comunque presenti sostanze nocive di cui non è stato chiarito il meccanismo.

L’irraggiamento non è l’unica opzione per fornire cibo o Cannabis puliti e sostenibili. L’incoraggiamento dell’agricoltura locale e biologica sono solo alcune proposte che possono portare a soluzioni di sicurezza sanitaria a lungo termine senza correre i rischi dell’irraggiamento per quanto riguarda gli alimenti. Per la Cannabis potrebbe bastare una coltivazione in GMP (Good Manifacturing Practice) senza bisogno di ricorrere ai raggi gamma.

I pazienti canadesi sostengono da anni che i pericoli legati al consumo di Cannabis non trattata non esistano affatto. In effetti, l’unica muffa che attacca la Cannabis ad essere veramente pericolosa per la salute dei consumatori è la botrite cinerea. Dal momento che fiori con tale muffa non andrebbero proprio commercializzati e neanche trattati ai raggi gamma, in quanto le proprietà organolettiche ne risulterebbero già seriamente danneggiate e/o del tutto perse, il problema non dovrebbe porsi. Un fungo ben più insidioso è l’Aspergillus, nonostante sia raro trovarlo sulla Cannabis, specialmente se coltivata in GMP.

Altro ipotetico pericolo per la salute umana è un rischio di botulismo in prodotti alimentari a base di Cannabis non decarbossilata a dovere: si tratterebbe comunque di un’eventualità rarissima, in alimenti non consumati in tempi consoni e che dovrebbero risultare mal conservati (es. burro e oli troppo vecchi e/o conservati a temperature non adatte). Il botulino in genere non cresce sulle cime fresche di Cannabis e, in ogni caso, non viene eliminato con il trattamento ai raggi gamma.

I raggi gamma non fanno parte del nostro campo visivo, non li vediamo, così come non riusciamo a percepire i batteri. È allarmante il fatto che i consumatori non possano scegliere che cosa consumare oppure no, sia che si tratti di cibo o di medicamenti come erbe e Cannabis. Ancor più grave è che la stra grande maggioranza delle persone siano completamente ignare degli effetti nefasti dell’irraggiamento e soprattutto che non possano sapere se il loro cibo sia stato irradiato oppure no.

In Italia possiamo dormire sonni tranquilli per quanto riguarda la Cannabis terapeutica: è tutta trattata ai raggi gamma. Noi pazienti possiamo solamente fare delle illazioni su quanto ci faccia bene, ci piaccia oppure no. Il fatto è che ciò che assumiamo è quel che passa al convento e, dal momento che non possiamo scegliere, ci è stato tolto un diritto importantissimo, quello alla salute.

In Canada va un po’ meglio: dopo le numerose lamentele dei pazienti riguardanti cattivo odore e sapore dei fiori, con annessi effetti diversi rispetto a fiori non trattati, un’azienda produttrice ha deciso di non trattare la Cannabis. Si tratta di Flowr Corp i cui fondatori si sono sempre prodigati a coltivare erba di qualità, curando ogni minimo aspetto dal seme alla raccolta. Grazie al loro eccellente e meticoloso lavoro, sono riusciti a raggiungere gli standard di Health Canada senza ricorrere alle radiazioni.

Flowr Corp è stata di recente acquisita da Aurora Cannabis Inc per miliardi di dollari canadesi; nel 2019 raggiungerà i 12.000 kg di produzione e secondo le statistiche di vendita ha superato di gran lunga il fatturato di Canopy Growth Corp. È chiaro che i consumatori canadesi preferiscono di gran lunga Cannabis non trattata ai raggi gamma.

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